giovedì 29 settembre 2022

Nonna Emma, i bombardamenti e i conigli

 Quando facevo la quinta elementare, nel programma di Storia si studiavano le guerre mondiali. Siccome erano gli anni 80 e tutti avevamo più o meno nonni o prozii che la guerra l'avevano, se non fatta al fronte, almeno vista passare nel '44, la maestra ci diede come compito di farci raccontare una "storia di guerra" da un anziano familiare.

Io avevo nonna Emma, la mamma del mio babbo, che viveva in casa con noi ed era del 1910. Lei la guerra l'aveva vista passare da Palaia, quando era una giovane mamma con 6 figli affamati e un marito ferito (veterano della Grande Guerra e inabile all'arruolamento, almeno quella fortuna lì) con cui attendere che la tempesta passasse, chiusi nei rifugi.

Quando le chiesi di raccontarmi una storia di guerra, ecco quello che mi raccontò, o almeno ciò che mi ricordo io.

Quando si sentivano le sirene che avvertivano degli imminenti bombardamenti alleati, la gente correva nei rifugi sotterranei. Qualunque cosa stesse facendo, in casa, in paese o nei campi, lasciava tutto e correva con i familiari a ripararsi.

Accadde una volta che mentre erano nei rifugi, nonna Emma e un'altra signora si fecero venire la bella idea di andare a recuperare i conigli nelle gabbie. Allevare i conigli da carne era usuale sia per i contadini che per la gente di paese, tutti cercavano di organizzarsi con questa piccola attività che forniva cibo e anche la possibilità di avere qualche spicciolo vendendo le pelli degli animali macellati. Perdere i conigli sotto le bombe era un bel problema, non certo per il dispiacere per le povere bestie (nonna non è mai stata particolarmente sensibile su questo aspetto) ma per la perdita di una fonte di sostentamento.

Gli aerei alleati erano passati e le sirene non si udivano più: le due signore uscirono per andare a prendere queste gabbie piene di bestiole per uno o per l'altro verso condannate.

Mentre erano via, le sirene suonarono di nuovo! E loro erano fuori, probabilmente troppo distanti per correre nuovamente nei rifugi!

Che accadde? Nonna dice che ormai erano già lì pronte a recuperare le gabbie, mica potevano rinunciarci. Donne e conigli ingabbiati, si nascosero alla bell'e meglio in qualche fosso e aspettarono. Quando tornarono nel rifugio, trovarono la gente che piangeva e recitava i rosari in suffragio per quelle che consideravano già morte sotto le bombe.

Non ricordo particolare pathos nel racconto, nonna le cose le raccontava così, come se il lieto fine fosse scontato e gli orrori che aveva visto fossero una cosa più che trascurabile quando alla fine era poi andato tutto bene. Casomai, per ogni personaggio che menzionava, spesso apriva una lugubre parentesi, sempre con dovizia di particolari, su come quel tale, anni dopo, aveva fatto una brutta fine. Ho ancora gli incubi per un altro racconto in cui un'anziana del paese, che si recava a messa con un braciere sotto al vestito, aveva preso fuoco ed era morta così, arsa sulla strada tra casa sua e la chiesa.

Nonna era così, l'horror per lei era aneddoto e ciò che contava era che lei era lì a parlarne. Parlava un sacco e molte volte non l'ascoltavo nemmeno, perché da piccoli non si fa molto caso alla verbosità degli anziani, ci si ripensa magari dopo molti anni, quando si comincia a somigliare loro almeno un po'.

Lessi questa storia ad alta voce ai miei compagni di classe, quando fu il mio turno, come ognuno fece il mattino dopo. La storia delle bombe e dei conigli (non quella delle morti brutte eh... ne avrei avute da raccontare, in quel caso, ma non andavano bene per un uditorio di bimbi di 10 anni).

Un compagno di classe chiese, stupito, perché mai delle persone avevano abbandonato la sicurezza del rifugio per un paio di conigli. La maestra ci spiegò quanto fossero importanti per la gente dell'epoca le poche cose che permettevano loro di sostentarsi. Io pensai però che nonna si era comportata così semplicemente nell'incrollabile fede che le cose sarebbero andate bene e se la sarebbe cavata anche quella volta.

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