lunedì 21 novembre 2022

Kabul, crocevia del mondo

Kabul, crocevia del mondo.  Nico Piro, People, 2022


Quando ho iniziato a leggere questo libro, la guerra "di moda" (triste dirlo) era ormai un'altra.

Non era cambiato Nico Piro, il giornalista autore di questo libro, a lungo inviato in Afghanistan come corrispondente del Tg3 e con alle spalle una enorme esperienza di corrispondente estero. Non era cambiato perché, essendo un profondo conoscitore delle dinamiche internazionali e delle guerre che nutrono e pervertono tali dinamiche, la sua voce è una limpida e onesta critica a ciò che le nostre imperfette ma boriose democrazie vanno operando nel mondo con i loro eserciti.

Nico Piro, sul suo profilo Twitter, scrive: "Provo a dare voce a chi non ha voce. Se vuoi la pace, impara a conoscere la guerra."

Edè veramente questo che va detto del suo lavoro e si ritrova in questo libro: accanto a una ricostruzione dei fatti "macroscopici" principali precisa e serrata, in cui i grandi protagonisti della vicenda afghana e le loro azioni vengono descritti punto per punto, fino ad arrivare al ritorno al potere dei Talebani nell'estate del 2021, Nico Piro dà voce anche alle persone di cui poco o niente si parla e che invece sono coloro le cui vite sono state piegate, stravolte e spesso stroncate da una guerra ventennale.

Mohammed Zahr è un insegnante. In un raid notturno dell'esercito regolare, durante la guerra, ha perso quattro familiari. I soldati a caccia di talebani "entravano nelle case per colpire presunti leader talebani, spesso uccidendoli sul posto, massacrando famiglie e quasi sempre persone innocenti". Continui episodi come questo hanno alienato negli anni il supporto della popolazione civile nei confronti dell'esercito straniero e delle stesse truppe afghane regolari, finendo per spianare la strada ai Talebani. Quando Mohammed finisce il suo racconto, il giornalista gli stringe la mano, poi d'istinto lo abbraccia. La sua storia ricalca mille altre dolorose storie e nessuna inchiesta sembra disposta a fare giustizia.

Fatima Khalil, detta Natasha, istruita all'estero ma tornata a Kabul per lavorare nella Commissione per i Diritti Umani, un'istituzione ormai quasi abbandonata dai donatori internazionali ma in cui lei crede fortemente, muore a 24 anni insieme all'autista dell'associazione, l'auto dilaniata da un'esplosione: è il giugno 2020, dopo il negoziato di Doha e prima del ritorno degli studenti coranici al potere.

Daniel Hale "è un ex aviere americano" e sarebbe la fonte di rivelazioni sui raid aerei delle forze speciali americane. Condannato per aver diffuso dati segreti, nella sua arringa difensiva "racconterà degli orrori chirurgici della guerra dei droni [...e dirà: "]Quello che ho fatto è necessario per dissipare la bugia secondo cui la guerra dei droni ci tiene al sicuro, secondo cui le nostre vite sono più preziose di quelle degli altri". Una coraggiosa presa di coscienza che a singoli soldati dotati di umanità accade di avere, ma che il sistema militare non prevede e non tollera.

Zaki Anwari, "promessa del calcio afghano, giocatore della nazionale under 18 [...] Era uno di quei puntini neri in caduta libera nel cielo di Kabul". Uno di quegli esseri umani che si erano aggrappati agli aerei statunitensi in partenza alla fine del ritiro completo delle truppe occidentali, nell'agosto del 2021. Nico Piro ha incontrato il fratello, non i genitori, troppo scossi da questo dolore. Lontano anni luce dallo sciacallaggio della nostra cronaca nera, Nico Piro si avvicina alle persone con rispetto e dà voce al loro dolore, perché noi possiamo leggere queste pagine e capire.

La guerra che l'occidente ha condotto male e concluso peggio lascia macerie, morti e mutilati, un esercito locale inviso a molti, esposto alla pressione incalzante dei Talebani mai del tutto sconfitti e destinato alla resa nel giro di pochi giorni, nonostante le previsioni più ottimistiche (e drammaticamente sbagliate) dell'intelligence americana: gli studenti coranici tornano al potere e l'illusione di democrazia e diritti mai veramente applicati crolla definitivamente.

Sotooda Forotan, quindicenne studentessa invitata a leggere una poesia in una manifestazione dei talebani, a sorpresa legge un appello per la riapertura delle scuole alle ragazze. La sua vicenda commuove l'occidente solo brevemente: un paio di mesi dopo il suo discorso, minacce anonime la costringono a fuggire e vivere in clandestinità.

In mezzo a tanto dolore, questo libro è anche un tributo di amore alla gente afghana e alla loro terra martoriata eppure bellissima. Credo sia importante per tutti noi leggerlo, per capire almeno qualcosa di questa crociata dell'occidente giustificata come guerra al terrore e finita per essere essa stessa il terrore, versando tantissimo sangue su questa terra ferita, per concludersi con il ritorno inesorabile dei Talebani che doveva sconfiggere. Questo è il modo consolidato per concludere le guerre occidentali: l'oblio. Un oblio che questo giornalista non accetta, decidendo di raccontare cosa è accaduto e cosa sta accadendo, provando a dare voce a chi non ha voce.


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